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Non hanno mai lavorato insieme, hanno entrambi 53 anni e ieri hanno vinto il Premio Nobel per la chimica grazie alle loro ricerche sulla catalisi, grazie alle quali sono entrambi soprannominati “ingegneri delle molecole”. Sono Benjamin List e David MacMillan, il primo, tedesco, dirige il Max-Planck-Institut für Kohlenforschung in Germania, il secondo, scozzese, si è laureato a Glasgow e ora insegna all’Università di Princeton negli Stati Uniti. MacMillan ha inoltre collaborato nel corso della sua carriera con diverse aziende farmaceutiche, tra cui Amgen.
List e Macmillan hanno iniziato negli anni Novanta a studiare, in modo indipendente uno dall’altro, la catalisi, ovvero il fenomeno chimico attraverso il quale la velocità di una reazione chimica subisce delle variazioni per l’intervento di una sostanza detta catalizzatore, che non viene consumata dal procedere della reazione stessa. Da quando fu scoperto nell’Ottocento fino a una ventina di anni fa, tutti i catalizzatori che attivavano questo processo erano metalli o enzimi. I due scienziati hanno invece scoperto un nuovo sistema di catalisi basato su piccole molecole organiche, chiamato organocatalisi asimmetrica, più semplice ed efficace dei due precedenti. Oltre che, per citare la stessa Accademia svedese, “più economico e rispettoso della Terra”. Si tratta infatti di un metodo che permette di ottenere delle molecole organiche in modo sostenibile e a basso impatto ambientale, riducendo per esempio le reazioni chimiche necessarie al loro sviluppo e la produzione di rifiuti tossici durante il processo industriale.
Una scoperta che ha una notevole ricaduta nel campo farmaceutico perché permette un controllo molto più alto nel processo produttivo delle molecole, riducendo i rischi di effetti avversi e accelerando allo stesso tempo la produzione dei farmaci. E che guarda al futuro, immaginando un mondo sempre più green e sostenibile.
La sostenibilità e, in particolare, il cambiamento climatico sono legati anche al Nobel per la Fisica del 2021 che è stato assegnato a tre studiosi, Syukuro Manabe, Klaus Hasselmann e all’italiano Giorgio Parisi “per il loro contributo fondamentale nel comprendere alcuni sistemi fisici complessi”. Nello specifico, se per i primi due scienziati il premio nasce dai loro modelli sul clima e di previsione del riscaldamento globale, per quanto riguarda Giorgio Parisi deriva dai suoi studi sulla struttura nascosta di materiali complessi disordinati. Parisi, 73 anni, insegna fisica teorica a La Sapienza Università di Roma ed è considerato uno dei più competenti e autorevoli fisici a livello internazionale, specialmente nel campo della teoria dei campi e della fisica statistica.