Biotech dalla A alla Z
1980. La Corte suprema degli Stati Uniti emette una sentenza storica incentrata sul brevetto di un batterio che si nutriva di chiazze di petrolio, bonificando così le acque marine. Questo confermava la possibilità di produrre e brevettare un batterio geneticamente modificato, ovvero una cui parte del patrimonio genetico fosse stato trattato con tecniche di ingegneria genetica. Una sentenza “spartiacque” che ha, di fatto, aperto la porta alla nascita della moderna ricerca biotecnologica.
Per secoli la medicina si è infatti basata principalmente sulla biochimica – ossia la branca della biologia e della chimica che studia le reazioni chimiche complesse che danno origine alla vita – per creare dei trattamenti terapeutici.
Tuttavia, da qualche decennio, siamo di fatto entrati in quello che è stato definito il “biosecolo”: un’epoca in cui i farmaci di sintesi chimica hanno cominciato a lasciare spazio a nuovi farmaci biotecnologici basati sulla conoscenza profonda dei meccanismi biologici della vita e della struttura molecolare.
Sviluppati grazie all’utilizzo di tecniche e metodologie scientifiche legate allo studio del Dna, questi farmaci contengono un principio attivo costituito o derivato da un organismo vivente e mimano le sostanze prodotte dal corpo umano quali enzimi, insulina e anticorpi.
Amgen è un precursore: da quarant’anni ormai è uno dei maggiori protagonisti in quest’ambito. Grazie a tecnologie all’avanguardia è riuscita infatti a proporre ai pazienti di tutto il mondo soluzioni innovative per il trattamento di alcune patologie. Si tratta di un approccio scientifico completamente nuovo che ha cambiato il volto della medicina e segna il punto di arrivo, per ora, di un’evoluzione contrassegnata da diverse tappe fondamentali.
- A
- B
- C
- D
- E
- F
- G
- H
- I
- J
- K
- L
- M
- N
- O
- P
- Q
- R
- S
- T
- U
- V
- W
- X
- Y
- Z
Gli anticorpi sono prodotti in risposta a specifiche molecole (dette antigeni) riconosciute come estranee dal sistema immunitario dell’organismo ospite. I tipi di anticorpi che si possono formare sono molti, e le cellule deputate alla loro formazione (plasmacellule) producono un tipo di anticorpo con una singola specificità (monoclonale). Un tempo la produzione degli anticorpi monoclonali si otteneva fondendo insieme una plasmacellula e una linea cellulare di mieloma (ottenendo un ibridoma), cioè una cellula che produce lo stesso tipo di anticorpo in continuazione, che è definito anticorpo monoclonale. Attualmente grazie alla tecnica del DNA ricombinante è possibile produrre gli anticorpi monoclonali in laboratorio con un approccio semplice ed efficiente (da cellule del sistema immunitario o da altri tipi di cellule). L'applicazione di questa innovazione biotecnologica consente di produrre un'adeguata quantità di anticorpi tutti uguali tra di loro in modo da poterli usare come farmaci, definendo così in parte il campo di applicazione dell'immunoterapia. Cioè l'uso di anticorpi monoclonali purificati per trattare le malattie. L'ambito di principale applicazione degli anticorpi monoclonali è l'oncologia ma anche, la cardiologia, l’osteoporosi e molte altre aree terapeutiche. Una speranza importante per i pazienti con patologie croniche gravi e invasive, che oggi, grazie all’impiego di questi farmaci, possono contare su una migliore qualità di vita e sulla possibilità, in alcuni casi, di sconfiggere la malattia.
Per approfondire, clicca qui.
Per biotecnologia in campo medico si intende la possibilità di intervenire, grazie alle più moderne tecniche di biologia cellulare e di ingegneria genetica, sul nostro DNA, decodificandolo e ponendo le basi per lo sviluppo di nuovi farmaci. Caratteristica fondamentale di queste innovative opzioni terapeutiche è quella di contenere un principio attivo derivato da processi biotecnologici in grado di agire direttamente sulle cellule responsabili di una particolare patologia. Una nuova era della ricerca scientifica che rende possibile offrire ai pazienti una medicina “personalizzata” sempre più efficace.
Il colesterolo è indispensabile dal punto di vista biologico: viene utilizzato dall’organismo, ad esempio, per costruire le pareti delle cellule, ed è un componente di alcuni ormoni e vitamine. Ciò da cui dobbiamo stare in guardia è il "colesterolo cattivo", o LDL, che si deposita sotto forma di placche nelle pareti delle arterie aumentando il rischio di infarti o ictus. Ecco perché tutti, ma specialmente coloro che hanno già subito un infarto, devono tenere bassi i livelli di LDL, che sono tra i principali fattori causali di infarto o ictus su cui possiamo intervenire. È solo di recente che si è osservato il ruolo di una proteina, denominata PCSK9, che entra in gioco nel regolare la concentrazione di LDL nel sangue. Una scoperta che ha aperto le porte allo sviluppo di farmaci biotecnologici in grado di agire tempestivamente e con grande precisione su questa proteina, al fine di ridurre i livelli di LDL.
La parola "doppia elica" ci fa pensare al DNA: ma com’è fatta e a cosa serve questa preziosa molecola? Immaginiamo una scala a chiocciola dove i pioli sono le lettere con cui è scritto il codice genetico: dal colore degli occhi a quello dei capelli, fino alle malattie verso cui siamo predisposti. I corrimani sono strutture chimiche che imprimono la rotazione "a elica" e servono per trasferire le informazioni da cellula a cellula. L’ipotesi che il DNA si disponga nello spazio a formare una “doppia elica” si deve a James Watson e Francis Crick che, nel 1953, ebbero questa intuizione utilizzando i risultati degli esperimenti ai raggi X di Rosalind Franklin. Una decina di anni dopo, nel 1962, ai due ricercatori fu assegnato il Nobel per la medicina.
Nel 2020 ricorre il centenario della nascita di Rosalind E. Franklin, la scienziata chimica e biochimica che per prima ha individuato le caratteristiche strutturali del DNA. Grazie alla diffrazione dei raggi X, Rosalind E. Franklin riuscì a ottenere “la foto più importante della storia del DNA” che ne mostrava la forma a doppia elica. Malgrado questa scoperta le fosse stata sottratta dai colleghi dell'epoca, la storia le ha riconosciuto i meriti di questo traguardo scientifico. Rosalind E. Franklin è stata una precorritrice dell'impegno e del contributo delle donne nel mondo della ricerca scientifica. Quella ricerca che è alla base delle biotecnologie e del mondo Amgen.
Una gigantesca biblioteca con tantissimi libri sugli scaffali legati ai più diversi argomenti. Ecco come possiamo immaginare il genoma, che rappresenta il patrimonio genetico di ogni individuo. I libri sono i geni che controllano lo sviluppo e la salute dell’organismo, il Dna è la lingua con cui i libri sono scritti. “Leggere i volumi della biblioteca”, ovvero studiare il genoma, significa capire come i singoli geni regolano le funzioni del nostro organismo ed è la base della biologia molecolare. Come correggere gli errori di stampa (ovvero geni difettosi che possono causare le malattie genetiche)? È il compito delle biotecnologie grazie alle quali si pongono le basi per lo sviluppo di terapie innovative.
Una vera e propria rivoluzione copernicana in medicina. Questa è in sintesi l’immunoterapia: un metodo senza precedenti che, grazie all’impiego delle biotecnologie, permette attraverso il suo meccanismo d'azione di potenziare l’attività delle cellule del sistema immunitario nei confronti delle malattie, riscrivendone le istruzioni al fine di renderle più efficaci nel riconoscere gli intrusi e neutralizzarli. Una cura “personalizzata” in grado di rispondere all’invasione di agenti esterni o alla proliferazione di cellule malate.
Karl Ereky è l’ingegnere ungherese che nel 1919 ha definito l’impiego delle tecniche applicate dell'ingegneria genetica e della biologia molecolare per la produzione di principi attivi grazie all’utilizzo di organismi viventi, in una parola: biotecnologie. Oggi la scienza della vita cresce, si evolve e segna il passo di importanti innovazioni per migliorare la salute.
La luce segna una vera rivoluzione biotecnologica nella ricerca biomedica. Come? Grazie alla Digital Cell Biology, una nuova nanotecnologia scoperta da Berkeley Lights e utilizzata da Amgen: si tratta di un chip grande come la metà di una carta di credito che permette di lavorare esattamente come in un laboratorio. Con la differenza che la Digital Cell Biology opera in nanoscala, proprio grazie alla luce capace di manipolare centinaia, migliaia di cellule in contemporanea.
Per lo sviluppo di un farmaco biotecnologico è infatti necessario studiare e agire sulle cellule e sulle loro strutture piccole e complesse: l’applicazione di questa tecnologia, che sfrutta “pinzette optoelettroniche", permette di lavorare su oggetti microscopici proprio come le componenti cellulari. Non solo: consente di maneggiare e modificare le singole cellule senza danneggiarle.
Una svolta senza precedenti nella biologia cellulare e per la ricerca farmacologica. Sarà infatti possibile per gli scienziati in poche ore o pochi giorni raccogliere dati, scoprire anticorpi e individuare rapidamente particolari tipologie di cellule, fino al limite di una su un milione, in modo da sviluppare farmaci innovativi.
Per approfondire, clicca qui.
La Medicina Personalizzata studia i dati dei patrimoni genetici individuali con l’obiettivo di modellare l’intero percorso terapeutico sulla base delle caratteristiche di un gruppo omogeneo di persone o addirittura del singolo paziente: una prospettiva che, grazie alla conoscenza approfondita del genoma umano, si fa ogni giorno più concreta. È una nuova, promettente frontiera che Amgen è impegnata a esplorare, mettendo a frutto le sue competenze nella ricerca biotecnologica più avanzata.
Immaginiamo di osservare i processi biologici alla base delle malattie rimanendo all’interno della cellula e di poterli neutralizzare con farmaci attivati da particelle piccolissime: è l’approccio della nanomedicina, che si basa, a sua volta, sulle nanotecnologie. Un ambito della scienza applicata che opera in ordini di grandezza infinitamente piccoli, minori da 100 a 10.000 volte rispetto alla cellula umana, e che offre prospettive rivoluzionarie: permetterà infatti di individuare sul nascere le malattie e di sviluppare cure che, come terapie mirate, possano neutralizzarle agendo a livello cellulare. Il vantaggio, oltre alla tempestività nella cura, sarà l’uso di farmaci in bassi dosaggi, in grado di risultare molto efficaci senza affaticare l’intero organismo.
Se potessimo rimpicciolirci sino a penetrare all’interno del tessuto osseo, riusciremmo a osservare una fitta rete spugnosa, in alcune parti più rigida in altre più elastica. Nelle maglie di questa rete noteremmo delle cellule di forma sferica o poliedrica: gli osteoblasti. Sono altamente specializzati e regolano la produzione di tessuto osseo, i processi di mineralizzazione e modulano, inoltre, l’azione degli osteoclasti, deputati alla distruzione dell’osso. L’equilibrio tra questi due tipi di cellule garantisce una costante rigenerazione del tessuto osseo per contrastare la demineralizzazione. Ed è proprio quando l’attività degli osteoclasti prevale, che l’osso inizia a indebolirsi aumentando il rischio di fratture. Un processo che oggi è possibile interrompere grazie a terapie mirate sviluppate dalla ricerca biotecnologica, in grado di proteggere così la salute delle ossa.
Immaginiamo 20 piccoli mattoncini che si possono assemblare in migliaia di combinazioni e che sono alla base delle diverse forme di vita. Sono gli amminoacidi essenziali (formati da carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto), chiamati così perché l’organismo non può sintetizzarli, ma deve introdurli con l’alimentazione, e che si combinano insieme costituendo le proteine. Macromolecole biologiche che danno poi forma e struttura ad anticorpi, ormoni ed enzimi, e che, insieme ai grassi e ai carboidrati, rappresentano uno dei principali gruppi alimentari necessari al nostro sostentamento. Proprio a partire dalla preziosa versatilità delle proteine nasce la grande rivoluzione biotecnologica, in grado di sviluppare nuovi tipi di farmaci sempre più efficaci.
RNA: cos’è e perché se ne parla in relazione alla pandemia da Covid-19? L’RNA (acido ribonucleico) è un acido nucleico costituito da una catena di nucleotidi come il DNA, ma che si trova in natura come un singolo filamento ripiegato su se stesso. L’RNA è una molecola che svolge un ruolo essenziale nella codifica, decodifica, regolazione ed espressione dei geni. Uno di questi processi riguarda la sintesi proteica nella quale il RNA ha diversi ruoli tra cui quello di “messaggero” (mRNA) che trasmette l’informazione genetica del DNA ai ribosomi responsabili della sintesi delle proteine. Grazie alle biotecnologie è stato possibile creare un vaccino che come principio attivo utilizza molecole di RNA messaggero che, in questo caso, portano in sé l’informazione utile a sintetizzare la proteina Spike del virus SARS-CoV2 nell’organismo della persona che si sottopone al vaccino. In questo modo, il vaccino “insegna” al sistema immunitario a riconoscere la proteina Spike presente sulla superficie del virus e a produrre gli anticorpi e cellule-T necessari a contrastare l’infezione in caso di esposizione al virus.
Le cellule T (T-cell) sono un tipo di globuli bianchi appartenenti alla famiglia dei linfociti. La loro capacità di riconoscere e attaccare cellule anomale o microorganismi patogeni le mette al centro della più avanzata ricerca scientifica nel campo dell’immuno-oncologia, in cui Amgen è in prima linea con la piattaforma BiTE®. Questa tecnologia all’avanguardia è in grado di potenziare l’azione delle T-cell per combattere le cellule neoplastiche. Si tratta di anticorpi a doppio bersaglio, che permettono alle cellule T di avvicinarsi alle cellule tumorali maligne, riconoscerle e distruggerle. Un’innovazione senza precedenti in oncologia che offre nuove speranze ai pazienti.
Per approfondire, clicca qui.
Un involucro esterno costituito da proteine con all’interno del materiale genetico (Dna o Rna): un virus è tutto qui! È un’entità che si stenta a definire vitale, perché incapace di sopravvivere senza una cellula da infettare in cui replicarsi. Così semplice e così ingegnoso! È proprio la sua semplicità a renderlo facile alle mutazioni, le cosiddette varianti: infatti, non possedendo come le altre cellule viventi sofisticati meccanismi di controllo, da una replicazione all’altra si possono verificare “errori” nel sequenziamento del materiale genetico. Si creano così varianti più “abili” nell’aggredire l’organismo ospite disorientandone i sistemi di difesa. Non a caso virus vuol dire veleno.